E' un discorso che avrò già fatto milioni di volte, ma mi sembra giusto ripeterlo anche in questa occasione. Il panorama del romanzo fantasy internazionale è stantio come non mai, solo il fenomeno Harry Potter ha dato, per qualche anno, un po' di respiro, ma ormai con il trend imperante ed inarrestabile dei libri sui vampirla il fantasy pare relegato a qualche verboso clone di Terry Brooks e poco più. Qualche eccezione, ovviamente, c'è. La prima e più importante è il desaparecido George Martin. La seconda, non allo stesso livello ma quasi, sono i romanzi di Robin Hobb, e in particolare le due trilogia che vedono come protagonista "l'assassino", FitzChevalier Lungavista.
Figlio illegittimo di Chevalier, mancato re dei Sei ducati, Fitz è allevato dallo stalliere di corte Burrich che riconosce in lui i primi segni della magia del popolo, lo Spirito, che gli permette di entrare in comunione con gli animali. Ma lo Spirito è una magia odiata dal popolo, temuta, fonte di superstizioni... non come l'Arte, la magia dei Re, che scorre forte nel sangue della casata Lungavista. Fitz viene allevato come stalliere, ma non è solo Burrich ad interessarsi al ragazzo. Anche Umbra, assassino di corte, spia, consigliere e longa manus che ordisce le trame più nascoste del reame, lo sceglie come suo pupillo. I sei libri sono il racconto di quarant'anni della sua vita e della vita del reame, densi di intricate trame politiche, avventure fino ai confini del mondo, amori, gioie e bassezze.
Fitz è un personaggio affascinante perché non si tratta del classico eroe fantasy. Lui lavora nell'ombra, non cerca la gloria, serve la causa del regno e quella della giustizia ma non disdegna di sporcarsi le mani. Un personaggio che è facile amare, ma soprattutto verosimile. Come verosimili sono quasi tutti gli altri coprotagonisti e le semplici comparse, anche se parlano con i draghi, posseggono magie arcane, appaiono immortali o mutano la pelle come i serpenti. Il punto di forza dei romanzi di Robin Hobb è proprio questo. Potrebbero spiazzare chi è abituato, nel genere, a trovare le classiche quest, gli oggetti magici mandati dagli dei, le grandi battaglie. Qui tutto si svolge in piccolo, per lunghi periodo non succede "niente"... se non consideriamo l'interazione mai banale tra i personaggi, la loro crescita, i loro pensieri. Un po' come succede nella Saga del Ghiaccio e del Fuoco di Martin, che anche con la sua dose massiccia di sangue, sesso e colpi di scena continua a sembrarmi la miglior pietra di paragoni per i romanzi ambientati nei Sei Ducati.
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