Recensione originariamente pubblicata su Orgoglio Zombie
Quando una casa editrice di indubbio prestigio come Einaudi decide di pubblicare un romanzo non solo di genere, ma addirittura di zombie, l'appassionato deve per forza drizzare le orecchie. Tanto più che l'autore, Colson Whitehead, è considerato uno dei nomi emergenti della letteratura a stelle e strisce, giornalista, esperto di musica, saggista, romanziere già finalista della sezione narrativa del Pulitzer. Cosa aspettarci da Zona Uno, il suo primo romanzo zombie?
Il protagonista del romanzo è Mark Spitz, un "ripulitore" incaricato dal nuovo governo americano con sede a Buffalo di ripristinare insieme alla sua squadra l'ordine nella "Zona Uno" di New York, la prima parte della città recuperata dall'assedio dei morti viventi. La speranza del governo è ovviamente che alla zona uno ne seguano una due, una tre e via di questo passo, fino al successo completo.
Ambientazione non originale, quindi, ma il punto di vista lo è, e la cosa è interessante. Mark è qualcosa di diverso da un classico sopravvissuto e allo stesso tempo non è il solito militare. Il suo punto di vista è inedito, brillante, e le situazioni in cui si viene a trovare mettono in luce un'America molto particolare, nella quale certi forse anacronistici valori del mercato non hanno perso importanza come ci si aspetterebbe, e continuano ad influire sulla vita di ogni giorno. I personaggi del romanzo hanno quasi tutti chi più di meno i segni dell'apocalisse zombie, e cercano di scrollarsi di dosso il trauma per ricostruire lentamente le loro vite, tra piccoli drammi e grandi tragedie.
Il romanzo, è bene dirlo, non è certo privo di splatter o scene di azione. Anzi è forse persino troppo frenetico, dopo un inizio un po' spiazzante, nel suo andare avanti e indietro tra passato e presente e tra scena e scena. Le morti non mancano, i colpi di scena pure. Cosa manca? Il divertimento.
Forse è colpa della traduzione, non so, fatto sta che Zona Uno è davvero pesante, non per il numero di pagine che anzi sono pochine, ma per l'inadeguatezza dello stile narrativo. La "serie B", la letteratura di genere, non è cosa per tutti, anzi, bisogna saperla fare. E saper coniugare una trama "di genere" ad una scrittura lirica è lavoro da grande scrittore. Whitehead forse è un buon scrittore, ma sicuramente non è grande. E Zona Uno provoca soprattutto sbadigli, anche quando la trama è più incalzante. L'autore torni a fare l'autore nella sua New York e lasci gli zombie agli onesti artigiani dell'orrore ed ai veri appassionati, l'impressione che se ne ricava è di un romanzo scritto così, senza convinzione, magari per cercare di sfruttare l'hype di The Walking Dead.
Francamente ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine del libro... e sono uno che divora qualsiasi cosa. Mille volte meglio la semplicità finanche esagerata di un Bourne di questa roba. Acquisto sconsigliato a tutti.
Voto: :P:P:P
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