martedì 8 marzo 2011

Michael Swanwick - I draghi del ferro e del fuoco

Ammettiamolo: durante la nostra vita di lettori di romanzi ognuno di noi ha avuto un periodo, più o meno lungo, da lettore accanito di fantasy. Per me è capitato a partire dai 14 anni, quando per Natale ho avuto in regalo Il Signore degli Anelli seguito quasi immediatamente dal Silmarillion, fino più o meno ai 22, con qualche ricaduta successiva dovuta alla scoperta di un paio di autori interessanti. Perché, soprattutto da adolescenti, ci innamoriamo della letteratura fantasy? Perché in ognuno di noi è fortissimo il desiderio di evadere, di fuggire dalla realtà, di perderci in universi dove gli unicorni sono di casa ed elfi e nani combattono orchi e goblin. Passa qualche anno, però, e quasi tutti, tranne i patiti del genere, si stancano. Perché al decimo (o al centesimo) romanzo in cui elfi e nani combattono orchi e goblin, e dove un eroe venuto dal popolo si scopre discendente di antichi sovrani ed impugna una spada magica per combattere il male assoluto... beh, viene da pensare: dov'è la fantasia in tutto questo?

La fantasy è un genere commerciale, e lo sappiamo benissimo. Vende anche e soprattutto a un pubblico di adolescenti, che al di là di un'apparente ribellione vogliono sempre e soltanto le solite cose. Sempre i soliti elfi bellissimi, i nani lavoratori, gli orchi brutti e cattivi e l'eroe di cui parlano le profezie tornare quando davvero c'è bisogno di lui. Esistono decine di buoni scrittori che con questi ingredienti hanno pubblicato un sacco di buoni romanzi. Poi esistono degli onesti artigiani, capaci di qualche spunto di qualità, e anche tra la loro produzione si trova qualcosa che vale la pena di leggere. Il resto, e si parla di milioni di pagine di robaccia, è merda che vende tre copie solo perché ha un drago in copertina.

Eppure la fantasy dovrebbe permettere un utilizzo sfrenato dell'immaginazione. Certo, c'è chi ha osato qualcosa di diverso, ci sono stati libri con orchi protagonisti, libri dove l'eroe non è quello previsto dalle profezie, parodie più o meno riuscite... ma non si potrebbe osare di più?

Michael Swanwick è uno di quelli che hanno osato di più. E il suo "segreto", come ha dichiarato lui stesso in una intervista, è che scrive solo di ciò che conosce. L'autore medio americano (ma anche quello italiano, visto che sono pochissimi gli esperimenti di fantasy che partano dal nostro folklore... anche perché l'autore fantasy italiano medio ha 16 anni...) non sa nulla di castelli, lande incantate e circoli di pietra, anzi vive tra fabbriche e locali di lap dance, tra autostrade trafficatissime e supermercati. Si può fare fantasy partendo da tali elementi?

"I draghi del ferro e del fuoco" (che in realtà sono due romanzi messi assieme per l'edizione italiana, anche se condividono solo l'ambientazione) dimostra che si può, eccome. Il nostro mondo è solo la base di partenza, uno spunto, ma anche se nell'universo di Swanwick si trovano abiti di Valentino e Porsche quello NON E' il nostro mondo. e' più un universo parallelo, popolato da MIGLIAIA di razze diverse. Migliaia non è un'esagerazione. Qualsiasi creatura di miti, leggende o simili è presente, e oltre alla classica mezza dozzina di elfi e nani abbiamo fate, gargoyle, orend, tokoloshe, oni, fantasmi, gnomi... e questo solo sfogliando una decina di pagine a caso. Oltre ai draghi, naturalmente. E i draghi di Swanwick sono tutto tranne che i nostri classici draghi fantasy. Creature biomeccaniche, prodotte in infernali fabbriche dove si sfrutta il lavoro minorile, sono creature crudeli, malvagie, che possono prosperare solo in una sorta di simbiosi con il loro pilota e portano anch'esso verso il male più assoluto.

QUESTA è fantasy. QUESTO è dare libero spazio alla fantasia. E attenti, non è che Swanwick abbia aggiunto un elemento all'altro a casaccio, tanto per il gusto di farlo. Il mondo da lui creato è coerente e - a suo modo - realistico. Non uno spillo è fuori posto. La magia è gli strip club possono trovare un punto d'incontro.

I due romanzi (La figlia del drago di ferro e I draghi di Babele) sono stati scritti uno nel 1993 e l'altro nel 2007. Gli anni trascorsi in qualche modo si vedono, perché seppure anche il primo sia scritto molto bene nel secondo lo stile appare leggermente migliore, più perfezionato nei dettagli. D'altro canto dal punto di vista della storia ho preferito leggermente il primo. Entrambi partono dal rapporto tra un mezzo umano e il drago con cui sono venuti a contatto, per poi andare a parlare di mille altre cose differenti, senza un freno ma con un ben preciso filo logico. Difficile riassumere la trama. Anche perché non ne ho voglia. :P

L'importante è che passi il messaggio: LEGGETE I LIBRI DI MICHAEL SWANWICK! Non quelli di Licia Troisi o Chiara Strazzullo o dell'autore fantasy diciassettenne #84. Non ve ne pentirete. Neppure se siete dei diciassettenni pure voi.

Info: 

Michael Swanwick - I draghi del ferro e del fuoco
(The Iron Dragon's Daughter, 1993 - The Dragons of Babel, 2007)
Urania Millemondi #54 - Febbraio 2011
638 pagg., 7,50€
In edicola

2 commenti:

  1. Mi delurko, finalmente. E finalmente mi sono ricordato di passare il link dall'iphone al feed reader sul PC.
    E' da un po' che segueo il tuo blog e ho apprezzato gran parte dei tuoi articoli. Questa volta però mi trovo in completo disaccordo con l'analisi di fantasy che hai fatto. Di seguito ho riportato in corsivo il tuo pezzo perché non so il tag da usare per il quote.

    Perché in ognuno di noi è fortissimo il desiderio di evadere, di fuggire dalla realtà, di perderci in universi dove gli unicorni sono di casa ed elfi e nani combattono orchi e goblin. Passa qualche anno, però, e quasi tutti, tranne i patiti del genere, si stancano. Perché al decimo (o al centesimo) romanzo in cui elfi e nani combattono orchi e goblin, e dove un eroe venuto dal popolo si scopre discendente di antichi sovrani ed impugna una spada magica per combattere il male assoluto... beh, viene da pensare: dov'è la fantasia in tutto questo?

    Il fantasy ha diversi sottogeneri. Se in ogni libro fantasy che si va a legggere si incontrano elfi, nani, unicorni e via dicendo, vuol dire o che si è tremendamente sfortunati o si sceglie deliberatamente questo tipo di libro. Basterebbe discostarsi da questo genere di fantasy e si troverebbero centinaia di libri fantasy dove non ci sono unicorni rosa o gli unicorni sono assassini.

    La fantasy è un genere commerciale, e lo sappiamo benissimo. Vende anche e soprattutto a un pubblico di adolescenti, che al di là di un'apparente ribellione vogliono sempre e soltanto le solite cose.

    Posso chiedere cosa si intende per commerciale? Dico subito che quando sento questa parola (abusata) mi viene l'orticaria.
    Se intendi di scarsa qualità confermi solo il mio giudizio sulla tua ignoranza nel genere (non è per offendere). Hai ammesso di aver letto fantasy per 8 anni, possibile che tu abbia letto solo tolkien e troisi? ci sono decine e decine di altri autori assolutamente non commerciali (per come lo hai inteso tu).

    E' un po' come se io parlassi di libri gialli e dicessi: beh, sai, dopo il 40esimo libro in cui l'assassino è il maggiordomo, ti rompi le palle.
    Il mio giudizio sarebbe superficiale e ignorante perché io di gialli non ne capisco una cippa.

    Un'altra cosa: un feed per seguire i commenti?

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  2. Guardiano: rispondo brevemente perché sono un po' a corto di tempo, se ti va poi approfondiamo la questione. Ho letto fantasy e continuo a leggerlo perché, se ben scritto, è il mio genere preferito, ma proprio per questo sento di essere piuttosto critico con il genere, visto che negli ultimi anni siamo stati riempiti di spazzatura.

    So bene che non tutti i fantasy sono uguali. Però è anche vero che se guardiamo ai fantasy pubblicati in Italia posso dire senza timore di smentita che al 90% rientrano nella descrizione (stereotipata, certo) che ne ho fatto: elfi belli, nani faticatori, orchi cattivi... Perché questo? Perché in Italia la fantasy è vista come genere commerciale... Perché in Italia a vendere sono le varie imitatrici sedicenni di Licia Troisi che hanno invaso i cataloghi di innumerevoli case editrici.

    Poi per carità, commerciale non è sempre sinonimo di scarsa qualità. Esistono libri che non dicono nulla di nuovo ma che sono comunque godibili, anzi, più divertenti della media. Che ne so: Robert Jordan non mi ha MAI sorpreso nei suoi innumerevoli volumi de La Ruota del Tempo, bene o male le sue storie sono piuttosto prevedibili, classiche, eppure le ho sempre lette con piacere. Come ho letto con piacere i libri di Gemmel, Leiber, Vance, Martin, Silverberg, Howard, Robin Hobb e tanti altri...

    Ma in tutto questo non ho capito una cosa: I Draghi del Ferro e del Fuoco ti è piaciuto oppure no? :)

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